Prima classificata premio “Stella e Antonio Norbiato”città di Spinea con “Crepuscolo”
Prima classificata premio Ariodante Marianni con “Il colore delle rose d’agosto”
Prima classificata premio ”Un racconto per San Marcello” con “Columbine High school"
Prima classificata premio Il castagno Colognora di Pescaglia con “Il vecchio castagno”
Prima classificata premio Cesare Vedovelli con “Tre donne”
Prima classificata premio Mario Barale con “Il soffio delle stagioni”
Prima classificata premio Hombres silloge “Padiglione 21”
Prima classificata premio Arcobaleno della vita con la silloge “Clizia”
Prima classificata premio Patrizia Brunetti con "Quaderno di poesie e racconti"
Prima classificata con il racconto “Credo in un solo Dio” Associazione 150 strade- Velletri-
Targa la Nazione primo autore classificato in Toscana
Seconda classificata premio Viareggio Carnevale con “Mare d’inverno”
Seconda classificata premio “Nati per vincere”-Modena-con “Il canto dolce dei pastori”
Seconda classificata premio Pontelongo con “La pioggia di Brest”
Seconda classificata premio “La parola alle donne” con il racconto “Il violoncello”
Seconda classificata premio “Fotogrammi di poesia-VE- con “Il miglio verde”
Seconda classificata premio città di Forli ’con “Columbine High school”
Seconda classificata premio Simone Seghetti con “Padiglione 21”
Seconda classificata premio Il delfino con “Le scarpe chiuse”
Seconda classificata premio “Pelosetti nel cuore” con “I randagi”
Seconda classificata premio Pietro Generali con “La casa di pan di zenzero”
Seconda classificata premio Scarabeus con la silloge “Tre donne”
Seconda classificata premio “Poesie al bar” con “L'isola dei conigli”
Premio speciale La Mole –To- con “Il colore delle rose d’agosto”
Premio speciale Carmelo Calabrese con “Il colore delle rose d’agosto”
Terza classificata premio Iris Firenze con “Crepuscolo”
Terza classificata premio Carmelina Spada con “Il colore delle rose d’agosto”
Terza classificata premio Lino Molinario con “La pioggia di Brest”
Terza classificata premio Poseidonia Paestum con “Il colore delle rose d’agosto”
Terza classificata premio Giorgio Caproni con “Le Balze”
Terza classificata premio Arcobaleno della vita con “L'ombra della culla”
Terza classificata premio AGO con “Poeta”
Terza classificata premio Tindari Patti con la silloge “La magia di un respiro”
(con relativi giudizi critici)
E già ti vedevo sfogliando foto in posa di riflesso negli specchi oltre le canne
bella in una comunione a mani giunte
timida col grembiule ed il fiocco rosa
le mollette nei capelli, sul banco a colorare cartoncini
e già sentivo al cuore l’amore, quello vero,
l’amplesso di radici,ossature, ascendenze e somiglianze
i tuoi occhi verdi come foglia, le gote rosse per la corsa,
il miele dolce sulle labbra, la chiara meraviglia della vita.
Poi è rimasto solo il sillabare lento dell’inverno
ed io, come barca di carta alla deriva
immobile in un una stanza bianca
il ventre ricucito a fili d’erba, le suture in rilievo, il solco del sangue nelle ossa
svaniva il sogno di affidare al cielo un aquilone
il calabrone si era perso in cerchi d’oro
ed il cielo piangeva in coma la sua neve.
"La poetessa affida ai versi di Crepuscolo i lineamenti di un sogno accarezzato e protatto,bruscamente interrotto da quello che Leopardi avrebbe chiamato "l'apparir del vero".Speranze lungamente nutrite ed inesorabili ribaltamenti, da dura consapevolezza ,che l'invenzione e la scrittura poetica restituiscono attraverso particolari corporei e perfino genetici, cui anche la ripresa anaforica della seconda strofa proficuamente partecipa.Con analoga efficacia e con analogo ricorso espressivo a questo coerente,originale strumentario un nuovo indicatore temporale introduce, inesorabile, al mutamento di temperie."
Tre donne
Ed io vivo,piccola donna dalle notte insonni,le emozioni stordite del destino
giurando di salvare il fuoco dal peccato dell’oblio
correndo controvento alla mia ombra
un velo grigio sopra il volto, una sacca gialla, una cintura imbottita di tritolo
aspettando di migrare lungo il kama, in quella oscurità di casa,
in una vita fuori corso da buttare via
io sono la punta d’iceberg, Shirin Akhras, palestinese
sono le tre di un mattino alla deriva,ed io vivo in una tenda del deserto
il sole calante che tocca l’orizzonte in profezia
sognando l’erba verde alle caviglie, il monte Rushmore, castelli sulla rena
un volo d’albatro,gli occhi legati ad un ceppo di brughiera
e sento l’ansia che mi assale ad ogni singolo risveglio
io figlia della luna, Mina Wilkinson, soldato U.S.A.
ed io in quest’aula dalle biglie colorate,quando l’estate canta roca la sua fine
nella luce commossa della sera, insegno la storia di un popolo ferito
a bimbe con bambole di stracci , a bimbi con trappole di legno
così mendico parole, ansimo pensieri adagiata sullo stipite dell’uscio
io sono Eden Golan, docente ebrea.
Ed io sono la morte, femmina bruna
le prenderò sotto la pergola sfogliata
in un volteggio scaltro, scollando amori dai fondi di caffè
le porterò con me dalla culla profonda delle ossa
in una festa dalle dita rosse, nel buco astrale dell’oblio
nel grembo di Caronte,laggiù in apnea.
"L''autrice con quattro strofe di prosa ritmica, in felice equilibrio tra immaginaziione e pensiero, ci offre tre ritratti di donne diverse, accumunate dall'orizzonte non dischiuso della guerra, dolorosamente disgiunte dalla vita, tutte e tre fatalmente preda della grande falciatrice."
Ed ora che il passo ci conclude
ti ricordo Clizia a Finisterre in quelle sere lunghe
quando i gabbiani artigliavano l’orizzonte ed i delfini figliavano sul mare
e tu, le dita vellutate da pianista, la gola chiara nel fiore della notte
danzavi al suono argenteo della sabbia, spogliando la primavera
Il mio cappello bianco a tesa larga
e consumavamo l’amore, Clizia,
spargendo il rossore del tuo volto alle mie mani
disseminando il vuoto di verbene e gelsomini
eri bella come una disordinata stagione Clizia, nuda come il grano,
il seno vergine, le stelle nei capelli, una farfalla rossa appuntata sul golfino
dissonante, minuscola, così affamata di vita
eri una consunzione che mi condannava alla prima neve di maggio
quando la poesia si riassorbiva in pioggia, dormiva sul mio letto candida
graffiando la mia mente, la mia resistenza di naufrago.
Ed adesso orfano di te ogni notte spero la morte
fondo la mia ombra al tuo respiro
nelle sgualcite coltri dei lampioni
sotto una luna oscura e lubrica
qui nella piccola casa sul lago
mi duole la vita
e lentamente zoppico d’amore.
"Atmosfere surreali ed oniriche, lessico ricercato e preciso, toni recitativi solo apparentemente colloquiali ma in realtà densissimi e quasi oracolari, immagine inedite,metafore ed analogie fortemente evocative:sono le principali caratteristiche di questa poesia . Una lirica davvero ben scritta che traduce in poesia memorie, emozioni, e un ritratto di persona.. Attraverso la voce limpida e quasi magica della poetessa, ancora una volta constatiamo come la poesia possa essre lo strumento capace di rivelare l''essenza della realtà,la trama ed il senso che pervade gli avvenimenti di ogni giorno."
Lavorava all’Ilva mio padre
una moglie, tre figli, una casa in affitto
nelle tasche il silenzio interrotto dei topi che corrono
le stringhe spezzate alle scarpe, gli occhi infossati
le guance scavate dal duro lavoro
sbirciava aquiloni nel cielo, mio padre,
la vita raccolta in limpida goccia, il cuore caduto sul selciato sconnesso
Il dolore consegnato alle ombre nei suoi giorni appena accennati
lavorava all’Ilva mio padre
di sera sul divano arancione
contava il respiro lento dei faggi, il colore delle rose d’agosto
quando i passi erano servi di troppi padroni
e c’erano inciampi, la via verso un’unica strada, la caduta, il bisbiglio, le insopportabile assenze
il gioco dei ruoli, il patetico bluff della vita.
E in quel giorno d’ottobre l’ho visto con la bocca dischiusa, le ciglia vischiose, la fronte sbucciata
sfigurato tra mosche che ronzavano intorno
disarmato,la morte accovacciata al suo fianco
lavorava all’Ilva mio padre
sognava fasci di luce sulle pietre bagnate del molo
spume ed erbe selvatiche
ora ha una croce chiara di legno
lunghe onde di fiori
il vento furente là fuori sul bordo del mare.
E tutto intorno il palpitare dei grilli
e il silenzio infecondo delle anime morte. .
"Rivivere la tragedia dell'Ilva è ripercorrere una strada di dolore infinito, di rabbia e vergogna.Parole dure come l'acciaio si snodano in un racconto che ha sapore di morte, ed ogni suo verso rivela una dignitosa presa di coscienza nello straziante ricordo di un padre strappato alla vita in modo disumano. L'autrice comunica una dolente rassegnazione per l'ineluttabilità di un destino affogato nell'indifferenza umana
e il suoi modo di esprimersi cala sul lettore come una lama affilata che non provoca ferite ma penetra nell'anima."
Dimmi lentamente delle tue ombre
di quella donna dagli stracci lunghi che ogni notte ti chiama per nome
si prende l’azzurro della vita
tocca impaurita bocche senza labbra
sussurra parole e cose quando finisce la canzone della sera
dimmi di quel giorno d’aprile
duro come la pietra, interminabile come il pianto,
di quei Billy Kid che giocarono agli eroi
creando un labirinto di dolore, una maledizione di tempo
inginocchiarono il vento davanti alla morte
fecero l’amore con grida e urla d’ innocenti
col bianco sudario delle rose
dimmi del ricordo della mente
della coda del fucile che fiammeggia ancora nella notte
senza risposta, in dissolvenza, morendo piano nella dita come sogno
dimmi della maschera che indossa il sole
del silenzio degli alberi rotti in mille pezzi
delle viole che fioriscono sui vetri
colme di vuoto, illividite al cuore
dimmi di te, coperta di polvere e d’inverno
dimmi del tempo che non scorre più
quando morire è una cosa da poco
e vivere ha negli occhi tutto il dolore della morte.
"Per la capacità di raccontare il dolore e la morte senza veli, senza retorica,senza paura. Si percepisce un contatto profondo, un'immedesimazione che lacera senza scrupolo qualsiasi forma di giudizio, resuscitando la sensibilità ed il coraggio di stare di fronte a paure e situazioni possibili per chiunque e presenti in ogni essere umano.La poetessa è spettatrice di ciò che scrive e ciò che mostra rende più ricchi, senza illusione, meno artificiali. Una poesia piena, gonfia di immagini, di esperienze ineluttabili, drammatiche, che oltrepassano i confini dei nostri perchè. A nessuno piace leggere di dolore e di morte,è vero : neanche a quei "bimbi con sciarpe di lana che sono solo poesia".
"Esistono tragedie storiche, di cui l'umanità intera porta e riconosce il lutto. Il dolore ci interroga oggi come ieri , e come,forse, domani, se non sapremo contrastare la violenza perpetrata nei millenni con crudeltà inaudita, folle. Questa lirica s'ispira ai ricordi di una creatura sopravissuta alle infinite atrocità che hanno segnato indelibilmente la società contemporanea e chiedono ora di essere condivise attraverso una partecipe memoria, in quanto niente di ciò che segna l'umano ci può e ci deve essere estraneo. Ecco, dunque,l'invocazione di fondo pronunciata nei versi finali del mirabile testo poetico, con una espressione lapidaria destinata a incidersi con caratteridi fuoco nel cuore di tutti".
Pioveva quel giorno a Brest
nell’assito della strada, sul trionfo di ferro grigio della stazione, al crocevia di Barbes
e la foto congela il ricordo, l’odore d’assenza, la bellezza appena incrinata dell’amore
c’erano passi e parole in un rettangolo di luce tenue
quella felicità simile al tedio che si ripeteva in gesti uguali
abbandonata all’apparenza, al silenzio infinito della neve
e poi si apriva uno spazio incerto dove le illusioni perdevano contorni
il tempo si dilatava nella consolazione della sera
I profili si facevano indistinti perdendosi nel buio
e cadevano gocce limpide sulla ghiaia del viale
sui rampicanti del giardino, sull’allineamento curvo del dolore
tutto si piegava, si sfaldava , si allungava
i tuoi occhi erano un leggero tratto di matita, vecchi pescatori di una costa lontana
cristallo affilato era il mio cuore, un delicato gioco d’incastri
quando indugiavamo in quel debole blu dove si ferma l’ombra
in una cruda primavera di tritoni e conchiglie
ci credevamo avviati verso il sogno
avvezzi a nuovi baci, ad un chiaro incanto
e invece lentamente stavamo già precipitando
nel verbo dell’oblio, nel prodigio del ricordo.
sempre più giù nell’infinito limbo del disamore.
"Ritmo coinvolgente, costruzione compatta, acuto senso poetico.Preciso il richiamo di immagini che emergono dal chiaroscuro di evanescenti ricordi. Sobria composizione che suscita l'istintiva simpatia e si accompagna ad efficaci pennellate pittoriche. Intreccio di elementi fotografici ed emozioni, entro un contorno paesaggistico di estremo realismo. Delicato intreccio di silenzi, testimoni dell'evolversi di una passione che ritorna da un passato ancora bruciante. Chiude l'opera il nostalgico ricordo degli istanti dissolti, nella consapevolezza amara di un'esperienza perduta".
Il seno vizzo e vermiglio della morte
Sfuma in ombra la vita nella curva del meriggio
briciola d’antico
oscilla al soffio di un angelo in avvento
in una ninna nanna sussurrata
nel parto angelico di una notte senza fine
cala il sipario sulla proda di una ridondante primavera
sulle storie di principi ed eroi
sui mandorli nodosi arsi d'acqua e sale
sulle nuvole ambrate d'aceto
il tempo ha svestito le stelle
ha reso nude le piaghe nel cuore
oggi come una calendula
hai rivolto la corolla al vento
consegnandoti ad un fiume d'erba
al ventre arancio
al seno vizzo vermiglio della morte.
Tra le doline strette della vita
sugli agrumeti e le colline brulle
le tue parole si insinueranno come distese di calanchi
origami di luci
anime belle sul melo sacro dei ricordi
fiamme per sempre.
"Un atto di gratuità, pietosa e laica, sorregge questi versi che accompagnanano Josè saramago ad un passaggio irreversibile. Il tempo si libera della sua corporea gravità e si avvia, con delicatezza all'incontro con il mistero eterno del suo opposto. E' uno sciame leggero di immagini quello che scolora insieme agli ultimi attimi di una vita raggiunta dalla "busta dal colore violetto", canale che l'ironica penna del portoghese affida alla morte per annunciare la sua imminenza.C'è un silenzio attento e partecipe, intessuto dal flebile soffio di un angelo in avvento, ad assistere l'uomo e le sue parole:le braccia protese ai colori quasi innaturali dell'addio, il primo, la tenacia di reiterare una
scomoda incandescenza, le seconde.Ed ecco che l'uomo, si spoglia con la dignità fatale del ritorno, volta le spalle stanche ad un mondo ormai permeato della sua narrazione, che fiamme per sempre continueranno. Sfacciate erinni di un'immedicabile cecità".
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