Prima classificata premio “Luce dell'arte” RM con “La tela del ragno”
Prima classificata premio “Il ventuno a primavera” con “La casa dei folli”
Prima classificata premio Renzino-Foiano della Chiana-con “Jamila e sua madre”
Prima classificata premio Parabiago con “Gente di mare”
Prima classificata premio “Università popolare di Spinea” con “Gente di Mare”
Prima classificata premio “San benedetto nel cuore”con “Gente di mare”
Prima classifica premio “Voci città di Abano Terme” con “Qui sul Carso”
Prima classificata premio “Luciano Doretto” Ceggia con “Qui sul Carso”
Prima classificata premio AGO con “Qui sul Carso”
Prima classificata premio Montefiorino con la silloge “La sera di Macondo”
Prima classificata premio Liberlibro Macherio con “Eternit”
Prima classificata premio “Mani in volo”con “Il pianista di Yarmouk”
Prima classificata premio “Girolamo Predolamini”con “Il pianista di Yarmouk”
Prima classificata premio Mario Barale con “Jasmine”
Prima classificata premio Cuor dei cuori con “Il pianista di Yarmouk”
Prima classificata contest “Sintesi Azzurra”con “Jasmine”
Prima classificata premio Scarabeus con “Jasmine”
Prima classificata premio Mondo Artigiano con “Il nonno e Jack”
Prima classificata premio città di Vignola con “Un bimbo chiamato Kamal”
Prima classificata premio Patrizia Brunetti Senigallia
Premio speciale Raffaello Cioni-Barberino di Mugello-con “L'Armando”
Premio speciale Giuria per poesia Centenario Poseidonia Paestum con “Qui, sul Carso”
Premio speciale poesia donna La Bormida al Tanaro sposa con “Il volo del nibbio”
Premio giuria Targa Marcocci con “Il pianista di Yarmouk”
Seconda classificata memorial Miriam Sermoneta con “Qui, sul Carso”
Seconda classificata premio “Napoli Cultural Classic” con “Tredici lune”
Seconda classificata memorial Lorenzo Cresti con “Il suonatore stanco”
Seconda classificata premio “Il Castagno”con “I ricci di castagno”
Seconda classificata premio Simone Seghetti con “Il profumo dei tigli”
Seconda classificata premio Maccla Saracena con “Il pianista di Yarmouk”
Seconda classificata premio “Mani in volo” con “Le sette e quaranta”
Seconda classificata premio “La rosa d'oro” con “le vite degli altri”
Seconda classificata premio “Vittorio Alfieri” con “Il pianista di Yarmouk”
Seconda classificata premio Simonetta Cappellini con “Eternit”
Seconda classificata premio Rosse Brume con “Eternit”
Seconda classificata premio città di Fucecchio con il libro “La casa dei folli”
Terza classificata premio”Voci contro la guerra” con “Jamila e sua madre”
Terza classificata premio “Occhi sul Mugello” con “Il volo del nibbio”
Terza classificata premio “Myosotis” con “Qui, sul Carso”
Terza classificata premio poesia religiosa “Sant'Alfonso” con “L'ombra delle croci”
Terza classificata premio Anardia città di Forlì con “Storia di Lino”
Terza classificata premio “La luna e la notte” con “La luna di Dachau”
Terza classificata premio “Hostaria delle immagini” con “L'Armando”
Terza classificata premio Il bottaccio con “Il pianista di Yarmouk”
Terza classifica premio “Poesie del terzo Millennio” con il libro “La casa dei folli”
Terza classificata premio citta' di Leivi con “Il pianista di Yarmouk”
Terza classificata premio Aronte Carrara con “Irene ed il buio”
Terza classificata premio Renato Serra con “Piccoli sergenti nella neve”
Quarta classificata premio “Mario Mosso” con “Eternit”
Quarta classificata premio Locanda del doge con il libro “La casa dei folli”
Quinta classificata premio Hostaria-Pc-con il libro “La casa dei folli”
Quinta classificata premio “L'anima in versi” con “Dell'inverno”
Qui, sul Carso *
Qui, sul Carso non piovono stelle
c'è poca allegria, la terra è cattiva
ed i cespugli son sempre gli stessi
su questa collina dove si saccheggia la vita
qui, sul Carso la primavera è leggera
volteggia in punta di piedi leggiadra, gioiosa
su uomini dalle mani convulse
su uomini che annusano l'aria
e sentono solo la morte, celata oltre le macchie degli alberi
oltre il bordo squadrato dei pioppi
i fucili che si muovono piano nel vento
nel brusio del silenzio stanco d'aprile
qui, sul Carso io scrivo versi nell'ombra
appunto sul foglio il colore di questa luna minuta
creo un'alba in attesa del sole
il passo leggero che si apre al dolore
scrivo dell'aria cruda di nebbia, del cielo,del fiume
fermandomi a sentire la morte
nel momento in cui il cuore è più nudo
pensando ad una donna che dorme lontano
gli occhi azzurri d'estate, il seno fatto di nuvole chiare
e sento il respiro leggero che cerca l'amore quando finisce la sera
qui, sul Carso c'è tanfo di morte
tremori freddi sul far del mattino
non ci sono colori abbozzati
solo il rosso vermiglio del sangue,rade lacrime calde
di ragazzi che non saranno mai uomini
non ci sono sorrisi nell'immobile calma del giorno sul Carso
solo una luce stupita su troppi corpi ammassati
un tramonto fatto di foglie e di nulla
non c'è niente sul Carso
tutti i corpi non sono che un corpo
e l'ultimo canto, il più bello
è questo mio verso che indugia dolce nel vento
poi scende sull'erba bagnata
e parla di vita e d'amore.
Oltre la morte che regna in silenzio ad ogni ora del giorno
qui,sulle doline del Carso.
"Omaggio a Giuseppe Ungaretti nel commemorare i luoghi della guerra come un canto alla vita .Il poeta si è per un istante abandonato al puro fluire della natura, obliando la sua angoscia d'uomo e ritrovando un sentimento d'intima adesione alla vita.. Con l'assurdita', l'atrocita' della guerra e della morte, si contrappongono alla bellezza della natura primaverile,dell'amore.
Gli uomini aspirano alla salvezza esprimendo un unico desiderio:che la guerra finisca."
Mirella Dall'oro
*disponibile videopoesia
E' gente di mare, indomita amante delle onde
crisalide mai divenuta farfalla
la pelle arsa, i capelli secchi,il cane di vedetta sulla prua del gozzo
che ozia a malincuore nelle secche di settembre
accecata dal sole di mezzogiorno
dal tempo che lascia sciamare i misteri, i profumi della lontananza
è gente di mare che vive tra l'agave morente innalzata sulla roccia
ed annusa piano l'odore del sale, del legno delle barche bruciato
tendendo un filo di seta tra il sartiame e la risacca
contando i refoli del maestrale insinuante sulle cose della vita
sulle macchie di malva di un paese addormentato sulla schiuma
è gente di mare, affacciata alla finestra di un orizzonte breve
padroni, aiutanti, padri e figli in sosta al bar del porto
con un asso di spade in una mano
e nell'altro la gaulois che si consuma lentamente
è gente di mare, seduta sui i gradini di una scalinata lunga
che cerca spiccioli di sogni in una casetta colorata
dove dentro regna la penombra
e prega un Dio che dia respiro al cuore, che ancori la loro vita sulla sabbia
è gente di mare dagli occhi silenziosi
che custodisce la notte, la quinta luna, il verso antico delle fiabe
e ruba il fiato alle stelle
percorrendo a ritroso l'essenza dell'onda
prima di arrivare all'ultimo viaggio
l'anima abbandonata ai colori forti della loro isola.
In attesa dell'ultima marea.
La lirica è costituita in cinque strofe in versi liberi e sciolti, più un verso di chiusura.Vi si respira una grande musicalità, severa e nobile come la gente di mare di cui parla e che costituisce l'anafora iniziale di ogni strofa. I versi sono fluidi, il lessico essenziale, pulito, di una perfezione immediata e commovente, che si stende come le sfumature di coloredi un pittore che vanno piano piano a comporre un dipinto complessivo.Ogni strofa è il ritratto di u momento particolare della vita dei marinai,vita indomita,rude, silenziosa,con un potenziale emozionale interiore che non ha mai la possibilà di esplodere all'esterno, come una crisalide mai divenuta farfalla, come dice la bellissima immagine della poetessa.Alla fine della lettura ho provato empatia ed ammirazione per questa gente di una sapienza austera ed antica, ma anche, non lo nascondo, una sottile malinconia.
Flavia Meraviglia
Si vive camminando su una tela di ragno, nell’incertezza dei passi
le spalle ricurve come quelle di Atlantide
senza un senso, una ragione
cercando il filo rosso che lega insieme i giorni, i dolori sottili
un tempo vuoto di scricchiolii e sussurri
contiamo con noncuranza amori che salgono, scendono, si inabissano
tornano con nuovo vigore, in tiepide penombre blu
e tagliano il cuore come sassi aguzzi, e sono caso, abisso, dolce vizio di postura
nell’immaginifico zelo della sera ci illudiamo dei teneri profumi d’aprile
della fioritura dei limoni, delle code colorate delle comete
immaginando una fiaba, una sorta di eco lontana, un filo d’oro che si dipani
come nel labirinto di Minosse
e ci faccia dimenticare l’incompiutezza,il vuoto, le nebbie, le notti,
l’assoluta dissonanza dei sogni
votati alla sconfitta ci adagiamo sulle piccole frodi del cuore
sui tormenti dell’assenza in un incendio freddo e spietato
a occhi bassi ci innamoriamo del sole
divenendo cenere, polvere di seta
un fumo calmo e lento
prima della sera.
Oggi è ombroso il mare
accarezza i fianchi lucidi delle barche
tortura scafi alla deriva
s'ammassa in una riga d'autunno
vuoto, piegato a placide intemperie
oggi c'è un soffio di neve sull'onda
i giunchi piegati al vento della sera
i fiori appassiti da un grido di pianto
e c'è la pioggia di luglio, una luna d'autunno, un fiume vuoto
un viaggio, l'ultimo
oggi c'è il mozzo cigolare dell'asse
dita che dolgono sulla pietra pomice
la tolda coperta di nebbia
un cielo stretto che guarda lontano
lontano oltre il sogno,oltre il torbido grigiore della notte
e c'è il lume fioco di un lampione
una scala ad angoli retti di pietra rosa
e tu che sali alla corte di Dio
gli occhi accesi,l'abito di polvere
e c'è una timida paura mentre insieme parlate di donne
e avete per amiche solo le stelle.
(ciao Giorgio)
Si condensava il vapore sui vetri del tram
quella sera
c'erano viali alberati, chioschii di birra, calde osterie
il pane appena spezzato,sapore di mare,il silenzio di stazioni lontane
era domenica e lì terminava la tratta
nell'ombra che si propagava allo specchio
su quella fontana un po' a nord
in quella piazza dove il chiurlo cantava
c'era un lume appeso alla porta, il dicibile appena accennato
ed il blu era ancora più blu in quell'agguato dopo la curva
si mischiava al sangue ed al trifoglio appena tagliato
sotto l'albero in fiore del tiglio.
Eri uscito una sera d'estate, senza fare rumore
e Calabuig di Vecchioni
è rimasto nella stanza di Anna
insieme ai semi di rose, alla polvere buona
ad un ordinato sfacelo
e tua madre rivive ogni giorno da oltre vent'anni
una solitudine antica, la stessa tavola, la stessa casa, lo stesso terrazzo
guardando di soppiatto le vite degli altri
stringendo il sogno, la memoria,l'amore
la foto di un bimbo che è andato per viole
così ogni domenica sera
ferma il tempo e il momento
odora bianca l'assenza
e sul divano appassito di sole
chiude gli occhi ed ascolta Vecchioni.
A volte il ricordo è un coltello affilato.
E d'incanto scemava il profumo dei tigli
assuefatta ad un nuovo dolore
infilavi distratta il cappello
ed aspettavi il sonnolento diciotto
che arrivava ogni giorno in ritardo
arrancando dopo la curva dei salici
“Destinazione Careggi
biglietto obliterato
abito pulito di lavanda e bucato
posto e flebo in vena già assegnato”
così ogni giorno lo sguardo superava la visione
leniva quello spasmo di dolore
il gioco dei quattro cantoni
in quella via del campo ormai senza più sogni, senza più eco.
Ti smarrivi lieve
nella speranza di andare incontro ad un'alba colorata di rosso
lasciando in silenzio una casa
la cera a specchio, la lucidatrice
la collana con le perle,la bambola di pezza
un amore grande
qualche spicciolo buono
che non sarebbe mai servito nel firmamento delle stelle.
Dipinto solo di grigio e d'azzurro.
(A Lidia)
Non è rimasto che un bagliore da cullare
in quella stanza dove l'orologio si è fermato alle sette e quaranta
intorno il silenzio bianco dell'inverno
pochi oggetti sparsi, ormai soli
uno spicciolo di rame, un libro, un nastro rosso
a marcare la tua assenza, la dimenticanza, l'addio
c'è un pulviscolo che sale lento, senza meta, senza scopo
senza incespicare
s'annoda al dolore
levitando fuori dal tempo
in un oscuro filo di sospensione
c'è la porta accostata, un cielo triste, il traffico dell'ora di punta
ed i tuoi figli, piccoli fiori d'alba,
quasi annegati nella sera
le ginocchia sbucciate, gli occhi larghi
che si tengono per mano in un immaginario girotondo
facendo la conta
toccando muri bianchi
la corteccia delle cose
e c'è solo la neve che cade lenta
insieme al buio,al fruscio delle falci
al giogo immenso del tempo.
E sul comodino un racconto così bello
di maghi e cavalieri.
Quasi alla fine.
A te che guardavi le fredde stelle d'inverno
dipingevi bucaneve sulle ombre corte del viale
cucinavi salvia e cipolle
e di mattina portavi i bimbi alla scuola
immaginandoli al banco immersi in soffici nuvole rosa
ed a febbraio cercavi la luce segreta del sole
le prime viole profumate d'amore
a te che ti appoggiavi ad un tempo indiscreto
contando i passi dove finiva il suo cuore
scendevi gradini, templi d'oro e di spuma
mentre cedeva lentamente la trama
e dal corpo fuggiva la fiamma
restava solo la quiete
là dove finiva la vita
e c'era solo la cenere, una distanza ,un vortice, un antico falso perdono
a te che guardavi la notte di spalle
baciando in silenzio un profondo dolore
e arretravi di sponda in fondo a quegli occhi
la Marlboro che bruciava leggera in un freddo che asciugava le ossa
e lasciavi i vivi più soli, meno forti davanti al destino
a te che avevi un cappello sbilenco , una stella, setosi riccioli bruni
un dormiveglia di sassi e di sterpi
ed amavi gli usignoli e le rondini
le api e il biancospino di maggio.
A voi che senza più sogni avete varcato le porte del cielo
e non vedrete più le foglie d'autunno, i covoni del fieno
le mattine con il lusso del verde
la luna pallida a scolorire la notte
per voi oggi dipingo in questi versi la pioggia
quella pioggia fine, stanca d'aprile
quella calma, bianca,perfetta
che dilaghi nella memoria degli uomini e renda onore allo scempio
a quelle croci sfregiate in un campo di grano
a quel niente imbrattato di dolore e di sangue
a quelle vite svanite nel buio, in un buio assoluto
Condannate ad un canto infinito di grilli
ad un brusio sopravvissuto al massacro
le vite degli altri stasera anelano al buio
ad una costellazione dipinta di nero
in silenzio cercano di afferrare un lembo di Dio
uno spicchio di luna calante
tutto è caos in quel vuoto
dove il cuore affonda in una palude di piombo
in una caduta senza peso, né fine
nell'aria vuota che taglia nuvole e pioggia
ci sono piccoli sogni nel cielo che si adombra di fuoco
camicie pulite, un cappello bianco ed un fiocco
ci sono flash-back d pranzi in famiglia
di camelie, di glicini in fiore
qualcuno ricorda un bimbo, una tazza di latte
un cucciolo caldo addormentato davanti al camino.
E poi restano solo le fiamme
le ore che muoiono piano
la morte che arriva con un vestito da sposa
e si specchia in silenzio nel fiume come fosse una donna
non c'è nient'altro tra la lavanda ed il fuoco
solo le vite degli altri che tacciono immobili
i fianchi freddi, le bocche vezzose ormai dischiuse all'orrore
confuse nel grande vuoto del sempre
nella terribile bellezza del nulla.
Ha un ciondolo al collo la notte
su quella montagna che non ha usignoli, né stelle
solo un bavero rialzato sull'alba
e brilla nell'ombra
mescolando il dolore al silenzio.
Ogni giorno nelle pause di pioggia battente
qui nell'inferno di Yarmouk si sente Beethoven
una musica dolce che stringe nel ventre creature d'amore
che scivola su anime spente, su stanze sbreccate
sull'assedio di una terra sporca di humus, feconda di lacrime madri
ogni giorno Ahmad
la maglia stracciata posata sul corpo smagrito
fa scivolare le dita su tasti d'avorio e di ebano
nei silenzi di poche parole
in chimere di pescatori e di reti
e racconta una storia di mari lontani
inventa un'allegra canzone
perchè si possa morire cantando con negli occhi un bagliore di stelle.
Così a sera si sogna un baluginare di lucciole
mentre tutto si perde in un urlo di prefica
in un parto urlato alla luna
in una falce affilata che arriva danzando
qui dove non ci sono piante da bagnare al mattino
giochi di carte,dadi truccati
o delfini che saltano in scia
la neve sui rami o margherite nel bosco
solo questa musica lieve
che riporta l'eco di vite perdute
il profumo di legno e di tiglio
e lo scolo del villaggio più a monte.
Su bambini accampati tra le nuvole ed il cuore.
Kamal,dieci anni
si addormentava nel profilo del sole
il cuore in riposo sui sassi
le mani a stringere aquiloni di seta, un fiore d'amaranto lucente
lassù in quel fosso dove non cresceva più il grano
Kamal, dieci anni
si nascondeva come una talpa in trincea
sognava cibi speziati di curcuma e zenzero
un usignolo ,un fulgore di fragole
l'esatta misura del passo
quando camminava col mitra posato sul petto
sentendosi uomo mentre era soltanto un bambino
Kamal, dieci anni
combatteva una guerra già persa
ad ogni sparo bucava una stella
macchiava col sangue fili d'erba e d'amore
un candido vestito di bimbe promesse già spose
Kamal, dieci anni
respirava ogni giorno la morte
abitava una casa di sabbia e di nebbia
e sentiva solo parole di odio, di rabbia
nella sua bocca diventata ormai muta
sui suoi piedi immobili segnati dal vento
da un crudo inverno di foglie ingiallite
Kamal, dieci anni
appeso all'abisso
tra le vampe ed il calore di bombe e di mine
aspettava che arrivasse bianca la neve
ed in silenzio
prima di essere nuvola
sognava bianchi gli aironi
in volo planato tra gli ontani ed i lecci.
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