premi 2016

Premi dell'ann0 2016

 

Prima classificata premio "Hombres" per la video-poesia

Prima classificata premio "Lido di Pellestrina" con “Jamila e sua madre”

Prima classificata premio "Renzino" con “La venticinquesima ora”

Prima classificata premio "Prato un tessuto di cultura" con il libro “La casa dei folli”

Prima classificata premio "Giuseppe Altobello" con “Saamia”

Prima classificata premio "Città di Ceggia" con “Il giallo della mimosa stinta”

Prima classificata premio “San Marcello” sezione autori toscani con “Il silenzio del tempo"

Prima classificata premio "Hombres" sezione Ignazio Silone con “Fontamara”

Prima classificata premio "Hombres" sezione videopoesia con "Pietracamela”

Prima classificata premio "Mario Mosso" con “I bimbi di Jisr al-Choughour”

Prima classificata premio "Leonardo" con “Apostasia d'amore”

Prima classificata premio "Anpi Varzi" con “Emilio"

Prima classificata premio "Inula" con “Dorme Elia”

Prima classificata premio "Poseidonia Paestum " con “Al tre don”

Prima classificata premio “I viali dell'anima “ con “ La ginestra”

Prima classificata premio "Poesia Altino" con “Il cielo di Gaza”

Prima classificata premio "Ricordando Tiziana" con “Il giardino dei limoni”

Prima classificata premio "Angelo ed Angela Valent"i con “Il giallo della mimosa stinta”

Prima classificata premio "Giulio Stolfi" con “Gino”

Prima classificata premio "Mondo artigiano" con “La Rosy”

Prima classificata premio "Lo scrittoio" con “Barbarella”

Prima classificata premio "Firenze un tessuto di cultura" sezione sport con "C'era una volta un re"

Prima classificata premio "Leivi con “La casa dei folli”

Prima classificata premio "I viali dell'anima"con "La Ginestra"

Premio speciale "Giovanni Pascoli Guli" con “La Ginestra”

Premio presidente di giuria “Mani in volo” con “Dorme Elia”

Premio speciale "Raffaello Cioni" con “Il pianista di Yarmouk”

Premio speciale "Arcobaleno della vita" con “Barbarella-La ginestra-Dorme Elia”

Premio speciale "Giovanni Pascoli"

Premio presidente di giuria "Dino Ariasetto" con “Gino”

Seconda classificata premio "Università popolare di Spinea" con “Commiato”

Seconda classificata premio "Nuovi occhi sul Mugello" con “Il giallo della mimosa stinta”

Seconda classificata premio "Tortoreto alla cultura" con “Fontamara”

Seconda classificata premio "Città di Livorno" con “Santiago ed il mare”

Seconda classificata premio "Angelo Spiga" con “Sulla rotta di Mordor”

Seconda classificata premio “Voci di notte” con “Il mio paese inventato”

Seconda classificata premio "Mario Barale" con “Sulla rotta di Mordor”

Seconda classificata premio "Quartucciu" con “La rosa”

Seconda classificata premio "Arcobaleno della vita" con la silloge “Margherita”

Seconda classificata premio "Amico rom"

Terza classificata premio "Miriam Sermoneta" con il racconto “Storia di noi due”

Terza classificata premio "Pleiedichorus" con “Lady Dust”

Terza classificata premio "Il gioiello" con “Gino”

Terza classificata premio "Invito alla poesia" con “Barbarella”

Terza classificata premio "Il delfino" con “Sulla rotta di Mordor”

Terza classificata premio "Polverini poesia intimista" con il libro “la Casa dei folli”

Quarta classificata premio "Assolutamente azzurro" con “Commiato”

Quarta classificata premio "Borgognoni Pistoia" con “Sulla rotta di Mordor”

Quarta classificata premio “Il castagno” con “la casa delle ortensie”

Quarta classificata premio "Campodipietra"con la poesia con “L'assurdo ride"

 

 

 

Secondo premio "Università Popolare di Spinea"

Commiato

(dedicata a Bullone)

 

 

Ora che la fine è aperta come una ferita

e tu sei solo un’impronta in dormiveglia

ora che cade il vento

ed ho solo un pezzo di cuore

so che quell’inizio è stato sempre una fine

 

così lascio che la vita accada nel silenzio che segue il giorno

in una pianura dove corro a perdita d’occhio

senza nessun orizzonte

senza nessuna via d’uscita

 

e mentre cerco di raddrizzare il sogno

attraverso il vento e la tempesta

faccio rifiorire viole d’inverno

coloro il dolore in giorni di resa e battaglia

 

e ti vedo in quel bacio che moriva

nella pioggia sottile di dicembre

in una primavera di passi e di sorrisi

 

tu che c’eri sempre quando attraversavo desolati miraggi

quando un lampo ed una nuvola nera mi trafiggevano l’anima

quando giocavamo insieme tra le ginestre nella casa del bosco

 

c’eri sempre a farmi compagnia nei sassi del fiume

nell’aprirsi del cielo

nelle luci che si affievolivano dentro

tra i mulini a vento e le rose blu

a correre nel dolce pendio delle colline.

 

E quel giorno mentre passava il vivere nei tuoi occhi

io ero fuori a giocare a testa o croce

e non c’ero quando te ne sei andato

 

così la notte ho fissato un punto lontano

ed ho fermato il nostro tempo

che non aveva più stelle.

 

 

 

Primo premio "Citta' di Ceggia"

Secondo premio" Nuovi occhi sul Mugello"

 

Il giallo della mimosa stinta

 

Hanno cortili dove il sole non mette mai piede i vecchi

il peso della luce sulle palpebre, i passi che non alzano la polvere

un solo vento che unisce luci e foglie

in una Gerico che ha perso le cicogne

 

portano il tempo addosso i vecchi

costretti alla lentezza

si fanno il segno della croce nella lenta asfissia dei crocifissi

nella loro solitudine d'estate

un cappello di giornale sulla testa, i calli di madreperla sulle dita

chiudono casa senza sbattere la porta

le mani intrecciate dall'artrite , appena vuote

la vita come un cerchio nell'acqua dopo il sasso

 

 

dormono col capotto addosso i vecchi

in stanze segnate dalle ombre

nella loro libertà di perdersi

tra le scosse e le macerie della vita

veleggiando a vista senza calcolo di rotta

girando la clessidra nella sabbia fino all'ultimo granello

 

si fermano all'osteria i vecchi

su un tavolo dove un moccolo fa fiamma a sufficienza

ordinando un bianco dei castelli, una barbera cupa

poi giocano a tre sette e rubamazzo

stanchi nel vuoto delle loro sere lunghe.

 

E si affacciano alle ringhiere dei balconi

coetanei solo di se stessi

occhieggiando il giallo opaco della mimosa stinta

impacciati nella loro muffa di stagione

gli occhi nel piatto, il riso, la mela, il pollo lesso

inghiottendo intralci, incurie, sogni mai avverati

contando le stelle cadute dentro il pozzo

 

e camminano di lato,naufraghi sulla terraferma

quando portano le ossa al capolinea

e scendono all'ultima fermata

sognando il grano di settembre

un campo di battaglia di aquiloni, la promessa di una primavera eterna.

 

 

 

Primo premio "Mario Mosso"

 

I bimbi di Jisr al-Choughour

 

Vivono tra le macerie i bimbi di Jisr al-Choughour

pallidi, scarmigliati, senza alcun affetto

si trascinano in un cerchio senza cuore

aspettando un bacio pallido di morte

correndo spaventati tra le lacrime calde della notte

 

hanno sere interminabili di veglia i bimbi di Jisr al-Choughour

i riccioli neri, gli occhi liquidi

accerchiati da demoni senza corona

camminano scomposti nell'indecente dolore della guerra

cercando qualcosa da mettere tra le labbra

un torsolo di mela, un pezzo di pane secco,un frutto pallido

 

sono gazzelle nella supplica dell’alba i bimbi di Jisr al-Choughour

il mondo che si restringe dentro ad un contorno

piccole crisalidi che non diverranno mai farfalle

ricordano quel poco di luce che si riesce a fare bruciando

in preghiera davanti alla voce del muezzin

in un cielo perfettamente blu

toccati da un vento che tormenta gli alberi

e sfilaccia le ultime foglie di un gelido dicembre.

 

E sognano un mare azzurro i bimbi di Jisr al-Choughour

meduse opalescenti che navigano a fior d'acqua

lame sottili di onde piatte

un lungo viaggio per una città chiassosa

mentre intorno aleggia una morte dagli occhi di velluto

una magia onnipotente

e il deserto ascolta Dio

un sole rosso che splenderà per tutti

 

così camminano lievi come cigni neri

con una sciabola affilata sopra il fianco, sopra chiazze di luce sporca

sognando un cammino che non avrà ritorno

un vuoto pieno ed assoluto

 

lassù dove attorno ci sono solo campi di battaglia

dove annerisce la luce e aumenta l'ombra

e morte, e silenzio hanno un biglietto già obliterato per il paradiso.

 

 

Primo premio "Hombres" sezione dedicata a Ignazio Silone

Secondo premio "Tortoreto per la cultura"

 

Fontamara

 

 

Non c'è nessun Dio delle stagioni quassù a Fontamara

ci sono stelle stanche ed una luna di passaggio

che sorride indolente

quando gli sciacalli rincorrono la notte

quando la neve di dicembre si addensa sui ciottoli dei fossi

 

si sacrificano gli agnelli quassù a Fontamara

su queste montagne annegate nell'azzurro

ruvide ed arse dal vento di febbraio

 

nessuno è padrone od imperatore quassù a Fontamara

c'è solo un gatto che fa le fusa sopra il fieno

e servi, contadini con l'ombra di Giuda dentro gli occhi

che goccia lenta tra la borragine ed il mirto

nel dorso scarlatto delle foglie ormai appassite.

 

E' sprezzante la vita quassù a Fontamara

ammantata di fame,povertà,carestia

la morte cammina bieca con un cappotto lacero di stoffe

un bottone da capitano

e fila solo un poco d'amore nell'arcolaio

 

e la fame è come un cucciolo di lupo

la sera prima del sogno

solo poche castagne,le mele vizze sulla tavola apparecchiata ad ombre e pane

 

persino il silenzio riposa stanco

mentre la vita accade

e trema l'inverno randagio sopra il cuore.

 

Quassù a Fontamara.

 

 

 

Primo premio "Giuseppe Altobello" sezione vernacolo

Saamia

 

Tot l'è biench a Mogadiscio

l'omber stret dal cà, i muri sbrindlè dal pistulede

al cà di polver e rem

al stred che sfumen en ciel in un travai lent

 

ugnè brisa piò ei mer a Mogadiscio

la guera là purtè via tot con l'acqua, ei coler blu dagli ond

a la sabia basè da un Dio cativ

 

tot lè rot a mogadiscio, mutilè dal bomb

ei vent soffia nascost nla città distrotta

ed abraza ei coprifog, ei colp dei murter

al palotle che viazzan ed not nei port du suldè

 

uiè en vel de tristeza e luntanenza a Mogadiscio

al luz son spent, al panchin vod

gli ann s'allonghen scumpost e fan distenz, viulenze, dulor

 

e me aio quenz en e corr

corr cun partenze, scati, affond, corr su la pista piena ed bug

allong ei moscol scanzand ei sulde dali oc cativi come al boc dei fusil

 

corr tot i dè per al stredi piene ed guera,tra gommeed fom,fog,

corr perchè a son mimina, corr perchè un dè sarò luntena, dentr a na fola,a un sog, ai mè destin

 

 

durmirò in un prat d'erba verda

coi profum dei gelsumin nei cor

e sarò sola con un specc ed lona

.

Un dè la mi corsa avrà i ciod en dla scherp

un nomer sui me pet

ed un non che qui non conoscen brisa

Libertà.

 

 

 

Primo premio "Pelosetti nel cuore"

Terzo premio "Miriam Sermoneta"

Storia di noi due

(dedicata a Bullone)

 

Oggi in questa casa c'è il silenzio di chi urla, un silenzio che cresce nelle orecchie, entra nel cervello, dilaniandolo. Non sento il ciabattare degli inquilini che fuori scendono le scale con le loro scarpe rumorose, non sento gli urli del dirimpettaio che sbraita senza sosta con quegli occhi rabbiosi che scrutano il mondo senza ritegno. Oggi non ci sono nonne che ti raccontano le favole e ti rimboccano la coperta, quelle che hanno la voce dolce e le mani odorose di sapone, oggi ci sono solo fantasmi grigi e stanchi con il buio negli occhi , il rumore di parole sfuocate, ed uno strano lamento di morte che sale insieme all'acqua per la pasta, ed intorno solo il tintinnio delle forchette...tic....tic....tic....

Laura non si voleva arrendere. Già da qualche anno, da quando il suo cane aveva oltrepassato la soglia dei dieci anni si informava continuamente su come fare per poter in un modo o nell'altro allungargli la vita .Sfogliava continuamente riviste dedicate ai cani,cercava notizie sulle varie malattie, interpellava chiunque avesse avuto un amico a quattro zampe. Non era preparata alla morte. Solo il pensiero la stordiva. La vita senza Achille sarebbe stata il deserto più arido del mondo, i colori si sarebbero confusi, gli occhi avrebbero visto solo un pezzetto di cielo mentre gli alberi avrebbero perso tutte le foglie. Così, la sera, al rientro dal lavoro si collegava a siti che davano utili informazioni sulle problematiche dei cani, leggeva, prendeva appunti, poi controllava che Achille non avesse nessun sintomo di quelli esposti in quelle pagine.

Laura non si rendeva conto del tempo che passava, e non voleva prendere in considerazione che per una malattia chiamata vecchiaia non esiste nessun rimedio. E quindi non sentiva il respiro lento, uguale al rumore dei treni vecchi e consumati di Achille, il rumore di un treno senza persone, un treno deserto. La luce della stazione era la lampada sul comodino, e tutto tra poco si sarebbe spento perchè stava arrivando la notte.

Mi chiamo Laura e le persone che ho amato si contano sulla punta delle dita: i miei tre nonni, mio marito ed il mio cane.

La felicità era arrivata per caso, in punta di piedi in un lontano aprile di circa sedici anni fa. Achille aveva quasi un anno ed era stato abbandonato per strada. Era un tipo dall'aria rude, orecchie a ciondoloni morbidissime, il pelo lungo mezzo biondo e mezzo nero ,taglia grande,buoni denti ben saldi in un mascella forte .Un incrocio con un pastore tedesco, così aveva sentenziato il veterinario che aveva fatto la prima visita. Sembrava uno che era vissuto fuori dalla società per un bel pezzo o che forse non ci era mai stato dentro. Mi aveva guardato con degli occhi tristissimi in una silenziosa dignità, con un certo distacco. Io mi ero subito resa conto che sotto quella scorza ruvida si nascondeva un cuore grandissimo ancora non del tutto indurito, come il mio. Il suo scodinzolare lento mi aveva fatto capire la sua accettazione ed io in quel momento mi ero resa conto che l'amore di un cane può ricucire i pezzi di una vita.

E' iniziata così la nostra storia insieme in un periodo in cui la corda di salvataggio della mia vita mi era stata strappata di mano. Erano giorni in cui la lama seghettata del panico mi affondava dentro e i demoni del giorno, ben più insidiosi di quelli notturni , mi accerchiavano continuamente la mente.

Trovare lui e correre fortissimo col vento in faccia nei prati a sentire il rumore delle foglie, pestando le margherite, aprendo la bocca col respiro che va su e giù, vedere gli alberi non finire mai, ma vederli aumentare, e tuffarsi insieme nei petali bianchi era una cosa bellissima che per qualche ora mi faceva dimenticare tutto quello che stava succedendo in quel momento nelle mie giornate:le malattie,la perdita del lavoro, il buio gigante che stava cercando di inghiottirmi piano piano.

Achille era diventato per me un essere senziente, all'inizio mi sentivo quasi stupida ed ero in imbarazzo a pensare che mi ero talmente abituata alla sua presenza da cominciare a percepirlo quasi come un compagno.

“Hai visto Achille come è stupida Stefania, con quella risata grassa come lei, lascia sempre tutta la spazzatura sul pianerottolo, poi viene a suonarmi il campanello e a lamentarsi se perdi qualche pelo...”

“Hai sentito Achille che rumore fa la pioggia stamattina, oggi non potremo neanche uscire, nemmeno andare all'edicola per compare il giornale con gli annunci di lavoro”

Tutto questo mi aiutava a tirar fuori a voce alta il flusso dei miei pensieri, ricevendo in cambio una leccata in faccia oppure uno scodinzolio felice. Ogni tanto Achille emetteva anche un roor ...roor per approvare senza riserva quello che gli avevo appena detto.

Poi abbassava il suo testone e lasciava cadere qualcosa dalla bocca, la sua pallina da tennis. La palla rimbalzava , lui faceva un salto, come se la pallina fosse viva, poi tornava a sedersi di fronte a me. E di nuovo lasciava cadere la pallina. Io la riprendevo, la lanciavo in aria , poi la scagliavo sulla parete opposta. Lui la rincorreva entusiasta, poi scodinzolava ed abbaiava per continuare il gioco.

Poi abbandonava ancora una volta la pallina ai miei piedi e mi guardava con occhi appassionati. Occhi che dichiaravano il suo amore infinito.

Scandiva la mia vita riempire la sua ciotola dell'acqua,preparare le crocchette,portarlo fuori a fare la passeggiata per iniziare un nuovo giorno insieme. Achille stava facendomi dimenticare quella vita che mi ero faticosamente conquistata:giorni di interminabili riunioni, l'ansia sparata a mille, ore piccole ogni sera ,gente che pretendeva da me sempre di più...sempre di più. Così una sera ho fatto una cosa che non facevo da tanto tempo, ho sorriso alla cassiera del supermercato tirado fuori i miei ultimi venti euro. In macchina Achille mi stava aspettando. Le giornate si stavano allungando e c'era più luce. Sulla strada di casa ci siamo fermati al parco. La primavera fredda e piovosa si stava togliendo di mezzo, lasciando spazio ad un caldo umido, caliginoso e noi eravamo quasi felici.

La sua presenza mi aveva fatto dimenticare le mie finanze ormai fuori controllo, le medicine, di essere disoccupata con pochissime probabilità di trovare un altro lavoro. Achille mi stava vicino ed era come se mi dicesse ogni mattina:“Stai tranquilla,andrà tutto bene, è un periodo buio, ma presto tornerà la luce”

Sono passati sedici anni e la luce non è arrivata, ho sempre l'impressione che le mie mani siano attaccate ai polsi con del filo sottile ed i piedi siano blocchi di pietra. Ho ritrovato un lavoro che non mi piace .La vita non mi ha fatto sconti. Oggi vorrei parlare col signore degli orologi. Perchè c'è una cosa che cammina , si chiama tempo, è invisibile ma ti porta via tutto. Vorrei uccidere quel signore che ha inventato una scatoletta rotonda, che ha dentro il rumore di passi del tempo...toc....toc.....toc.

Così gli uomini inghiottono il cibo invece di masticare,corrono invece di camminare ,le donne si pettinano mentre si truccano , poi parlano con mille parole, usano sempre il cellulare per fare tutto più in fretta, e hanno gli occhi fissi. E mentre tutto scorre anche i cani che fanno tutto lentamente invecchiano e muoiono. Come è morto Achille in una calda giornata di luglio.

Sto dentro un cerchio di luce sotto la lampada della cucina. Tutto il resto della casa è nero. Dentro il cerchio c'è silenzio. E' appassita anche la rosa dentro il vaso. Chiudo gli occhi per non vedere più il mondo. Ho paura.

Mi sento una conchiglia ora che Achille è solo il rumore del mare. Mi addormento con le lacrime che scendono copiose sul tavolo della cucina. Qui non mi potrà raccogliere più nessuno.

Perchè non esiste una conchiglia senza il rumore del suo mare.

 

 

 

Primo premio "Un racconto per San Marcello" sez. autori toscani

Il silenzio del tempo

(dedicata alle vittime del volo A321)

 

C'è il silenzio del tempo oggi sul Sinai

un'allegria taciuta

la cura degli assenti,la terra che ruota sul suo asse

non ci sono pensieri nelle ore che si allungano all'infinito

solo la luce che si riversa fredda sul rosso delle foglie

sul sole scialbo che occhieggia oltre le colline

 

sono scomparse le stagioni, le melodie, le primavere oggi sul Sinai

tutto si attarda in un ripetuto assolo

anche la morte che si dipana cattiva , turbolenta sul ciglio del burrone

accalcando pensieri dentro al buio

senza contrappeso, senza ossimori

 

Lentamente si è fatto notte oggi sul Sinai

nei corpi distesi sulla rugiada si alza lieve la carezza del vento

l'elogio fioco delle nottole, la tenue luce del crepuscolo

mentre tutto si disperde nella stortura e nel dolore

la misura del mare, i granelli di sabbia, il volo tenue delle farfalle rosse.

 

non si è acceso alcun lume stasera sul Sinai

il tramonto è riarso di sangue

non ci sono bonacce, burrasche,correnti o profumo d'acacia

solo oscuri solstizi, due rami di ortensie, uno zufolo, la corteccia del pane

 

e la voce di Dio è come agnello al macello

nelle grida che salgono piano

per poi spegnersi a poco a poco nell'ombra

al crocevia dell'ultima stella del cielo.

 

 

 

Primo premio poesia edita "Prato Un tessuto di cultura"

Camper

(dedicata)

 

Ed ogni giorno ti svegli di soppiatto

tra la nebbia dei comignoli ed il selciato

cercando un'illusione, un affetto disperato

 

appoggi i gomiti alla pioggia

gli occhi vuoti, le maniche rimboccate

e vaghi tra vicoli di periferia nella fatica d'andare

l'abito informe, le scarpe scalcagnate

aggrottando il cuore, sognando un capriccio di donna

la primavera che bisbiglia all'erba dolce

alberi blu con mele d'oro ai rami

 

il camper è fermo a lato, baciato da una luna ricurva

in un mare senza riva

quasi abbandonato tra l'alloro ed il timo

a capotavola c'è la solitudine, una pagnotta , una bottiglia

e una tovaglia a quadri azzurri

lisa e sgualcita come la tua vita

 

il tuo cane è l'unico amico

quello col pelo biondo che abbaia al vento

quello che accarezza il dolore e lo fa suo

quello che ti segue quando precipiti nel vuoto

ora che non c'è più nessuna impazienza

nessuna somiglianza a farti compagnia.

 

Dopo di lei, dopo altre donne

è ancora il suo nome che sogni e nessun altro

 

prima del conto delle perdite

in quel cielo bianco che tutto annulla

lune, astri e comete

prima del buio.

 

(tratta dal volume "La casa dei folli")

 

 

 

Primo premio "Anpi Varzi"

Emilio

 

Laggiù

tra la potente quiete del fiume che scorre

su una brulla distesa spazzata dal vento

fa capolino dall'erba una piccola,pallida croce

 

Emilio, vent'anni

congedato da una morte precoce

accarezzato dall'ombra

cancellato per sempre in un giorno di primavera inoltrata

le magnolie ed i gelsomini fioriti

prima che arrivasse la sua ventunesima alba

con la sua lama dorata, con la sua brace dolce di miele.

 

Chissà se negli ultimi istanti ha invocato un bacio invisibile, una goccia d'amore

chissà se si è voltato un istante a guardare le vite degli altri

un pescatore vestito d'azzurro, un pesce dalle squame argentate

 

chissà se si è visto vecchio con uno spezzato blu navy

una cravatta vivace

sdraiato su un divano andaluso

i bimbi che giocavano attorno

 

chissà se si è soffermato disorientato dal cuore

il sorriso velato

prigioniero di una storia sbagliata

a cercare uno squarcio di blu, una distesa di papaveri rossi

prima di annegare nell'ombra in un aprile che non sarebbe tornato.

 

Guardo smarrita la croce scolorita dalla pioggia e dal tempo

il piccolo angelo di luce alle spalle

e penso a tutti gli assenti

alle troppe vite spezzate

in questa sera ormai senza più voce

colma di atroci dolori

rumorosa di altre guerre lontane.

 

L'oggi che si confonde con ieri

ieri che diventa domani.

 

 

 

Premio presidente di Giuria "Dino Ariasetto"

Terzo premio" Candia il Gioiello"

Primo premio "Giulio Stolfi"

Gino

(dedicata)

 

Ora che tutto è già accaduto

ora che il traguardo è più vicino della partenza

ora che l'aria di settembre spettina i sogni

ed il presagio della tempesta

si posa leggero in fondo al cuore

 

vivo piano in questa malinconia dolce

senza l'incanto della scoperta,la magia della sconfitta

in una vita che ci ha sparsi come fece Dio con Babele

e vedo la penombra dei tuoi occhi verdi nell'aria

non so dargli voci e movenze

perchè la pioggia ha lo stesso colore delle nuvole

e la notte si è fatta più buia, il sole più caldo

in una vita che assomiglia ad una fiaba scomposta a metà.

 

Se il tempo fosse un gioco

mischierei di nascosto le carte

ascolterei una canzone lontana resa più chiara dal vento

vedrei una luna di confine

e non sentirei questo dolore sottile

questo pianto gonfio di ignoti rimpianti

 

ora che le dita sono orfane del corpo

i tuoi capelli non lambiscono più la fronte

ed il gorgo azzurro del tempo

porta con sé il tarlo della nostalgia, la sofferenza e la vertigine.

 

 

Ora ti vedo padre, stanco, in una solitudine che si ammucchia

a fissare il silenzio dei boschi, a contare ogni giorno le nuvole

e tutte le trame di una sola foglia

in quella casa che non ha numeri primari

e nessuna rosa da bagnare al mattino.

 

Come una dimenticanza.

 

 

 

Primo premio "Inula"

Premio giuria "Arcobaleno della vita"

Premio presidente di giuria "Mani in volo"

Dorme Elia

 

Dorme Elia un sonno bianco, le ciglia scure

il cuore di girasole

il corpo allungato ad un canto di sirene

sta in silenzio

sfiorato da una placida nenia d’aprile

il piccolo pugno da neonato lasciato aperto in mezzo alla tempesta

 

piange Amina gli occhi vuoti,

mentre lo culla in uno spazio stretto

il buio del mare che li avvolge alla deriva

le onde che si fanno sempre più grandi

in un aprile che getta i passi freddi ad uno squarcio di marea

 

e sogna Omar mentre le lacrime scendono in silenzio

un principe che spinge a galoppo il suo cavallo

una stanza profumata di talco e di biscotti

una cascata di glicine e lillà per quel figlio venuto alla luce e annegato in una polvere di stelle.

 

Ed intorno non volano farfalle

nell’anticipo aspro del naufragio ci sono solo onde di marea

grida insulse , lacrime di rabbia, il dolore sordo dei falliti e dei perdenti.

 

Dorme Elia

insieme a Dio ora e per sempre

gli occhi di lapislazzulo e di cristallo

un sonno azzurro

che sa di paradiso.

 

 

 

Secondo premio "Università popolare di Spinea"

Commiato

(dedicata a Bullone)

E' rimasto solo un malinconico vuoto

in questo giorno che raggira se stesso

e non ha siepi di biancospino, alberi di mele,o farfalle brune

resta nella vita un'afa che soffoca

il tempo insensato dell'estate

l'ultimo sogno, la muta distanza dalle cose

 

c'è un dolore sordo che invade il cuore

una neve sapida

il mondo che si allontana nel tuo respiro

c'è l'ombra di un cerchio, la polvere della sera

ed il tuo esile ricordo che sale tra i fiori incantati

affiora sulla neve che in un giorno di luglio

fiocca nel suo bianco candore

lasciando ferite nell'esile fuoco dell'alba, nell'erba nascosta

nell'ultimo gesto sospeso nell'aria

ed imbianca il passato, quello che non sarà più

quello che non è mai stato.

 

Adesso lo vedo il filo delle parche a calcare l'umido mattino

lo sento nelle ossa questo freddo affollato e solo

ora che tutto è distacco

e tu sei vento fra gli alberi, essenza

o forse solo brina di febbraio

 

lento amore

grande, dolce amore mio.

 

 

 

Secondo premio "Anselmo Spiga"

Secondo premio "Mario Barale

Quarto premio "Borgononi"

Terzo premio "Il delfino"

Secondo premio Anselmo Spiga

Sulla rotta di Mordor

 

Cade la pioggia a rovescio, stanotte su questa barca

che scivola, spasima, si tende nel cavo della notte

barcolla su onde dipinte di ombre

minacciosa e spietata come una serpe

 

in lontananza solo qualche lampara di luce

e a prua il pianto di bimbi dai riccioli neri

piccoli lamenti d'amore che si incurvano al cuore

e lentamente declinano al nulla

nel soffio inquieto del respiro del mare.

 

Piange Aziz, sette anni.che fruga il buio

ed urla alla luna l'ingiustizia del mondo, al mare che spalanca le fauci

e sogna abbracciato alla madre un fiore di campo

un filo di neve,una vuota dolcezza, una distesa di papaveri rossi

 

piange Selina, dieci anni,ormai sola

il padre ucciso dai latrati di lupi affamati

la madre ingoiata dagli orchi

le lacrime che scorrono calde su quell'ultimo giorno di aprile

su un piccolo abbaglio di luce, su quei sogni di una casa con un giardino di rose

 

piangono anche Amed, Mohamed e Selina, Marika e anche Amina

altri bimbi con negli occhi una scintilla di sole

piccoli eroi di acqua e di stelle

con il cuore seccato da un viaggio che non avrà mai ritorno

un viaggio per una terra di mezzo,per la regione di Arda, per il regno di Mordor

per una contea senza elfi né fate

 

si zittiscono all'alba quei sogni

affollati da una piccola bava di vento

quando il mare implode da dentro

e spezza incantesimi, rotte, illusioni

 

quando tutto diventa dolore, poi silenzio, poi il nulla.

 

 

 

 

Primo premio "Poesie per ricordare Tiziana"

Il giardino dei limoni

(Siria settembre 2014)

 

Ed oggi che ho perso la battaglia

e guardo i tuoi capelli arrotolati e morbidi

dissemino parole

predisponendo un tracciato

chiamando a me un rito di passaggio

 

oggi vorrei dirti del mare, dei suoi ritorni, dei porti pieni di speranze

delle balene bianche, delle tempeste senza nome, degli ammutinamenti

dei naufragi disperati ,delle onde

oggi che ti perdo figlia

col tuo vestito nuovo che durerà il tempo di un sorriso

oggi che ti guardo nel crudo sbocco della luce

e scontorno il rumore della pioggia, il margine del tempo

sentendo le tue scarpe che danno l'abitudine nel passo

 

e mentre ti trucco come fossi sposa

sento l'infinito che si rintana in fondo al cuore

il dolore che sussulta senza senso

 

premo dolce il rossetto sulle labbra di bambina

oggi che salpi come un argonauta verso una terra di confine

e non hai in grembo un figlio

ma una freccia da scoccare

per un luminoso approdo lassù oltre il giardino dei limoni

per un Itaca promessa che non avrà sponde

solo un settembre figlio di una fuga.

 

Mi resta solo un tiepido ricordo

in questa sera dove si accalcano le ombre

ed il tuo volo in cielo che m'assale

come se tu fossi l'ultima farfalla

in un affondo sghembo

nell'ultimo abbraccio di una madre.

 

 

 

Primo premio"Lo scrittoio"

Terzo premio "Invito alla poesia"

Premio speciale "Arcobaleno della vita"

Barbarella

(dedicata)

 

Ti lascerò un fiore Barbarella

forse un fiordaliso di campo, ma non oggi, nel mese di maggio

quando il palcoscenico sarà vuoto

quando non ci saranno voci ed emozioni

e sarai nella terra spettinata dal vento,bagnata da una pioggia sottile

dalla luce di una cometa lontana

 

ti lascerò un fiore Barbarella

forse una camelia bianca od un lillà

ma non oggi che hai il vestito bianco di chiffon

in una domenica afosa, dimenticata a se stessa

piegata ad una movenza invisibile

un giorno che avrà l’avanzare dei giullari, il profumo della solitudine

la dolce melodia di un’orchestra di cicale che canterà solo per te.

 

Annaffierò la tua felce sul balcone Barbarella

darò briciole di pane al pesce rosso

chiuderò quel libro appena cominciato

racconterò a tua figlia l’inganno della vita, la sua inutile farsa, i suoi inutili dolori

le parlerò di un Dio che ha chiuso gli occhi

mentre gettava dadi truccati alla rinfusa

 

e vedrò il tuo uomo che fuma ancora solo sul terrazzo

per cercare l’ultimo sollievo, il viso chino sulla pietra

a spiare un sole nascosto, un arcobaleno stinto di colori.

 

Ti lascerò un fiore Barbarella

forse un calicanto blu

e ti dirò di questo tempo avvilito

del petulante dolore sempre in cammino

di queste vuote parole che ho scritto guardando la sedia vuota in quel giardino

che volge all’imbrunire.

 

Ti lascerò una rosa Barbarella,

una rosa rossa solo per te.

 

 

 

Prima classificata "Mondo artigiano"

La Rosy

 

 

E mia madre ogni giorno mentre la neve si faceva pioggia sottile

mentre la pioggia lasciava il posto al sole caldo di maggio

tagliava, imbastiva, cuciva cerniere, orli , occhielli

attaccava fili e bottoni

metteva organze e volants ad abiti che cadevano leggeri come brezza d’aprile

soffiava la vita nei damaschi azzurrati, nelle sete preziose,nelle fantasie del cotone

faceva vivere il lino, la candida mussola,il prezioso jacquard

 

pedalava sulla Singer scolorita inventando nuovi tagli e drappeggi

faceva pieghe sui lisci velluti

creava gonne colorate ed in tralice

plasmava scamiciati, cappotti ,camicie

giocando ogni giorno con la trama e l’ordito

forgiando ogni giorno modelli dal colore di pesco e lillà.

 

E mentre cuciva pensava ad un unico amore

alla luna, ad un dolce ombelico di rose

a come sarebbe stato splendente il suo vestito da sposa

fatto di onde, di perle , di cristalli di neve

 

ed intanto sua madre in cucina sgranava il rosario

nel fioco bagliore delle lampade ad olio

succhiava una caramella Rossana

bolliva l’orzo e la malva

raccattava panni stesi nei fili accanto alla brace

cucinava polenta,melograni e castagne

metteva il fuoco nel letto per sconfiggere il gelo che bucava la pelle.

 

E mia madre invece sognava un atelier di Parigi

abiti a sbuffo,stole, decoltè che danzavano una musica eterna

sognava Montmartre,il Moulin Rouge

le compiacenti donne di Lautrec, Manet e le sue colazioni sull’erba

i balli a Bougival di Renoir

 

poi la notte arrivava in un pacifico agguato

il cielo taceva

le ombre solcavano gli occhi

esausta la Rosy scivolava nel sonno

ammainava le vele

e c’era un veliero che la portava lontano

in una terra con i cerchi nel grano

col biancospino alla porta

i papaveri rossi e le stelle al balcone

la sua Atlantide dalle cupole d’oro.

 

E al mattino di nuovo la Singer

e la vita che sapeva d’inverno

di primavere ormai prive di viole.

 

 

 

Primo premio "Firenze capitale d'Europa" sezione sport

C’era una volta un re

(dedicata)

 

E lo ricordo il bollitore che fischiava sul fuoco

l’ombra di vino nel bicchiere incrinato, le arance sbucciate

la tv che trasmetteva da un paese lontano

le due del mattino in una casa che sapeva di buono

 

e mi ricordo bimba con la tazza del latte in braccio a mio padre

in quella notte d’ottobre col freddo,la pioggia,la neve

quando sul ring saltellavi incoerente

ed urlavi a gran voce la tua fede nell’unico Dio

vomitando parole per impaurire Sonny,George ed anche Joe

 

e mi ricordo le lacrime calde quella notte che era già mattino

tu che barcollavi col labbro spaccato ,le labbra come gonfie di baci

la donna col numero otto, il sangue,il sudore,i solchi sugli occhi

i passi imprecisi,la caduta, la resa

e poi il risveglio, il riscatto, la difesa dei punti perduti

la folla che ti acclamava suo re anche senza una fiaba o un castello.

 

Ti ricordo così, un narciso che si specchiava nel lago

non arreso all’infecondo frastuono di un morbo crudele

un morbo che piano piano aveva dissolto il tuo io

aveva corroso l’essenza,la tua fragile voglia di margherite e di grano

 

ti ricordo così, possente in un girotondo di mani

così prossimo alla grazia divina

giovane e bello, odoroso di terra africana

tu che vittorioso alzavi le braccia

e sorridevi al di là dello schermo

in una notte consegnata alla storia

con le rose colte nel grembo

sfiorite pian piano ad un lieve sussurro di luna.

 

 

3-6-2016 …….ciao Alì

 

 

Secondo premio "Arcobaleno della vita"

Margherita

(dedicata)

 

Aveva occhi d’opale Margherita in quella strada sterrata

che finiva al limitare del viale

camminava a passo veloce nel vento quieto d’aprile

offrendo il suo cuore ad un unico amore

ad un amore caparbio che la notte mozzava il respiro

 

aveva i capelli addormentati sul collo Margherita

un mondo un poco più azzurro, un poco più biondo

raccolto in un unico sogno

una Madonna e San Luca appese in cucina accanto alla brace

una collana, un rubino che brillava

quando infilava l’ago e attaccava pizzi e bottoni

nell’esile luce di una fiamma lontana

 

annaffiava oleandri, ortensie, le timide calle, Margherita

legava i bracci alle rose nel suo giardino dove si erano spente le stelle

la magnolia che appassiva ai lati del muro

la fontana ormai secca celata dietro la siepe di bosso.

 

E d’inverno si stringeva il cappotto alla vita

a racchiudere un atroce dolore

ed aspettava come una serpe posata nel sole

che scendesse piano la neve su un’ombra che affollava il suo cuore

sull’ultimo bacio dato ad una figlia in un giorno lontano.

 

La ricordo così

col profumo di lavanda e bucato

un vestitino scuro di seta

che mi sorridevi in quella favola appena scordata

in un tempo che era tutto il mio mondo

un gioco passato

la nostalgia di un sogno lontano.

 

 

 

2016

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