La casa

delle ortensie azzurre




Centro Culturale L'Ortica edizioni

Silloge poesia

pagg.36



Nella silloge dell'autrice si notano assonanze tra il racconto di episodi di vita e le immagini della natura che accompagnano la silloge a dimostrazione che siamo un tutt'uno con ciò che ci circonda. Uno stile diretto, una scrittura lineare, con parole semplici ma mai banali con un ritmo che è sempre costante. Il lettore rimane colpito dai versi legati tra loro come un discorso mai interrotto. In questa opera dalla delicatezza che coccola il lettore, la poetessariesce a parlare di morte e a parlare di vita, mettendo entrambe sullo stesso piano, guardando entrambe con occhi che sanno vedere. Le imagini create sono addobbate di malinconia; eppure si tratta di una malinconia consolatoria perchè inserita in un contesto di continuità tra prima e dopo, tra chi c'è e chi non c'è più, tra la vita e "l'ombra della morte che le tiene compagnia".


Luana Pagan





Era di maggio (a mia madre)


Ora che i ricordi trovano rifugio solo nel vento

e le cicale restano gravide a tormentare l’estate

ti rivedo madre stretta in quel golfino colorato

in quella casa bianca, in una felicità bambina

in posa tra la menta profumata e l’orto appena risvegliato


era di maggio e ti rivedo in un giorno che confonde i chiaro scuri

nell’odore graffiato delle foglie

il viso candido nel cerchio delle rose

ed oltre quel cancello il giallo inascoltato,

una carezza soffice di luna


e sei bellissima, il nastro viola fra i capelli

la genziana nell’occhiello

nelle sere ammorbidite dell'autunno

l'odore di neve che si sprigiona dal balcone ormai socchiuso


e sei radiosa in quell'attimo di pace

quando a labbra strette mandi un bacio a quella croce

e sei sempre lì tra i lampioni addormentati

con la Bibbia in mano

riflessa nello specchio della chiesa

a scambiare un segno di pace

.

Ed ora che sei farfalla in mezzo al cielo

il seme azzurro di una preghiera spenta

ti cerco in un’ombra che si inclina

sulla tavola apparecchiata ad ombre e pane

annaffiando il glicine ritorto

e nel tuo giardino senza fiori conto rose immaginarie

che dormono al riparo dei ciliegi.


E sotto la pioggia il lunedì mi fermo in quel campo fra la nebbia

il dolore che sferza nelle ossa

a portarti un fiore capovolto

a mandarti un bacio con il vento

in quei giorni che contano mancanze

ed hanno stelle dolorose sulla porta






Dentro l'azzurro



Ancora ti porto addosso

come il pudore di un'intima omelia

ora che il vento rivolta l'argento delle foglie

e ci sono pezzi di cuore sul sentiero

rose tardive alla finestra della notte


ancora ti penso da lontano

ora che declina in silenzio l'estate

nei tuoi occhi che sapevano così bene il mare

su quell'amore chiaro come la luna d'ottobre

che abitava una casa di foglie

un attimo prima del temporale



ancora ti ho nella voce senza che esca alcun suono

ora che la neve scivola sulle cose taciute

ed i colori dei fiori sull'acqua sono tenui

dolci amari come la spina della nostalgia


Resta un ammanco, un filo d'argento di luna

un ricordo di quando sentivo dentro l'azzurro

una sete di foce

un brusio di foglie contro fiato


ora che voglio riposarti in mano

ed hanno parole i sogni come l'amore

nel tramonto lieve della primavera